Anno:
26 Novembre 1989
Curatori:
Italo Tomassoni
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Copertina

Quando accompagnando per la prima volta l’amico Bruno D’Arcevia da Moretti, all’Antica Deruta, entrando nella vasta galleria con tutti i prodotti della ditta esposti in bella mostra, notai subito nel pittore un lampo di curiosità e di sincero interessamento; si avvicinò ai piatti decorati con i motivi classici della maiolica di Deruta, le brocche, i vasi, i servizi più disparati da caffè, da tè, eccetera, li accarezzava, li osservava, cercava quasi di trovare il punto debole o il particolare originale e unico.

“Vedi il problema, per uno come me che voglia sperimentare il suo estro e la sua fantasia sulla maiolica, è quello di tenere buone quelle stesse forme tradizionali, ma tirandole fuori dall’uso comune, dall’uso cioè per cui sono destinate”.

Infatti questo discorso mi torna all’orecchio guardando alcune di queste opere esposte, quelle brocche, quei vasi spaccati con un mascherone ghignante inserito all’interno. “Infatti, come hai visto, ho unito, diciamo così, ho messo insieme due oggetti comuni, un’anfora e un mascherone di fontana, cercando di tirarne fuori un effetto estetico, un oggetto nuovo, diverso, decorativo e fantastico, almeno credo”.

Del resto anche nella sua pittura, Bruno D’Arcevia intrecciando o mescolando o contorcendo e serpentinando i luoghi comuni e i personaggi, della mitologia classica e dell’arte manierista del ‘500, crea effetti spaesati e spaesanti, un Eden pittorico nuovo, un luogo altrove che sembra, o può sembrare al disattento osservatore, qualcosa di comune, di già visto, di antico replicato, e che invece, nello stravolgimento ossessivo, crea quasi un aggrumarsi astratto e indecifrabile di forme e colori.

“Ma nella maiolica la tecnica è tutta diversa dalla pittura a olio che ho sempre fatto, quello che mi attrae nella maiolica è la trasparenza dei colori, come se fosse acquarello, e realizzando queste opere-maioliche di alto artigianato, diciamo ho usato molto la tecnica dello sfumato, tecnica che ho preso dal mio modo di disegnare più che dal dipingere: queste cose che ho realizzato da Moretti quindi sono più vicine ai miei disegni. Le maestranze dell’Antica Deruta sono eccezionali, hanno un’abilità tecnica notevole, e mi ha subito colpito il loro automatismo, lavorano come in una catena di montaggio, una pennellata tutta a colpetti, brevi, rapidi, precisi, anche se il mio modo di disegnare, come ti dicevo, è più sinuoso, emotivo, improvvisato, avvolgente, e quindi estremamente personale, un lavoro che posso eseguire soltanto in prima persona…”

Bruno D’Arcevia ha lavorato per giorni interi, qui a Deruta, con pazienza artigianale, cercando di imparare e di insegnare, sporcandosi di colori e di bianco gesso, ha tentato una strada diversa dalle sue tele, affreschi, acqueforti. “E questo, credimi l’ho fatto soltanto per il puro piacere di farlo, per curiosità e divertimento…”

Franco Simongini